… riflessioni e considerazioni sulla natura…

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Declino e rinascita del pensiero sistemico

Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, dopo gli entusiasmi iniziali, il pensiero sistemico, pur esercitando un’influenza significativa sul mondo della cultura sociale e ingegneristica, paradossalmente declina nel mondo della biologia.

Perché qui trionfa la genetica con la descrizione della fine architettura del DNA, che porta alla convinzione che tutte le strutture e tutte le funzioni biologiche si possono spiegare in termini di meccanismi molecolari e di programmi.

Al punto che i biologi per la maggior parte ritornano a essere riduzionisti e meccanicisti ferventi, interessati esclusivamente allo studio analitico e ai dettagli molecolari; nel mentre la biologia molecolare, che in origine costituiva una piccola branca delle scienze naturali, diventa un pensiero tanto dilagante ed esclusivo da introdurre addirittura una seria distorsione della ricerca biologica, non fosse altro perché oscura del tutto la neonata visione sistemica del mondo fisico.

E del mondo della vita in particolare.

Tanto che negli anni Settanta, uno scienziato come Robert Lilienfeld nel suo “The rise of Systems Theory: an ideological analysis” del 1978,  può affermare, si direbbe spudoratamente: “Non è comparsa nessuna prova che la teoria dei sistemi sia stata usata per ottenere la soluzione di un qualsiasi problema concreto in un qualunque campo”.

Cogliendo nel segno in un solo punto: A. Bogdanov e L. von Bertalanffy, per la mancanza di tecniche di bio-matematica non lineare adeguate alla complessità dei sistemi viventi, non erano riusciti a sviluppare una disciplina logico matematica applicabile alle varie scienze empiriche.

Lilienfeld, per il resto, non capisce – come tanti altri biologi meccanicisti di risulta – che se gli approcci sistemici sviluppati nella prima metà del secolo non erano evidentemente sfociati in una teoria matematica formale, tuttavia essi avevano comunque creato un modo nuovo di pensare, un nuovo linguaggio, nuovi concetti e un clima intellettuale generale che più avanti, e siamo al presente, avrebbe condotto a programmi scientifici significativi e anche, se non proprio a una formale teoria dei sistemi, certamente a fortunati modelli sistemici.

Utili per descrivere in modo convincente vari aspetti dei fenomeni naturali e in particolare i fenomeni della vita che il meccanicismo e il determinismo newtoniano non risolvono per limiti intrinseci.

Perché se è vero che i biologi oggi conoscono l’alfabeto del codice genetico, è altrettanto vero che essi non hanno ancora quasi nessuna idea della sua sintassi… e per comprenderla dovranno sempre più approdare alla teoria sistemica.

Per non dire dell’interrogativo che la visione sistemica ha suscitato e suscita tuttora.

Infatti, considerato che i fenomeni naturali sono interconnessi, per spiegare ognuno di essi si devono comprendere tutti gli altri.

Ma questa è un’operazione chiaramente impossibile.

Per cui non resta che un convincimento: la scienza può solo essere approssimata.

È un convincimento in netto contrasto con quello basato sulla fede cartesiana nella certezza della conoscenza scientifica.

E lo si direbbe cruciale e della massima importanza per tutta la scienza moderna perché, di fatto, recita così: tutti i concetti e le teorie scientifiche sono limitate e approssimative, per cui la scienza non può mai fornire alcuna comprensione completa e definitiva e gli scienziati non possono mai occuparsi della verità nel senso della corrispondenza precisa tra la descrizione e il fenomeno scritto.

Superato lo shock iniziale dovuto a una verità indigesta, tutti gli studiosi lo hanno ormai accettato.

Peraltro Louis Pasteur l’aveva già capito quando si espresse in questo modo: “La scienza avanza attraverso risposte provvisorie a una serie di domande sempre più sottili, che scendono sempre più in profondità nell’essenza dei fenomeni naturali”.

Però allineandosi evidentemente al positivismo allora imperante, per il quale il progresso delle scienze empiriche avverrebbe per accumulazione.

Quando invece oggi si sa, seguendo il grande epistemologo Thomas Kuhn, che avviene per una successione di “paradigmi” rivoluzionari pressoché incomparabili.

Anche se “presumere che nel lungo periodo, grazie al progresso scientifico, sapremo sempre più verità su come il mondo sia in realtà… è una vana illusione”.

Come dire che la scienza sarà, appunto, sempre approssimata.

Un invito all’umiltà e alla prudenza.
Prof. Renato Scandroglio